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"Te lo dico con la mente dove nascono le idee e i sogni [Elisa Dama]"

TESTIMONIANZE

agosto
2013

...facile per Elisadi Romualdo Inverardi

Il ricordo di Elisa mi giunge improvviso, mentre attraverso, in una giornata fredda e limpida, la Piazza Castello di Torino, allestita in quell’occasione con le sculture monumentali di Arnaldo Pomodoro. La Torino del suo Tabusso che al Liceo Artistico “Brera” di Bergamo ha certo gettato un germe in quel terreno fatto di genio e sregolatezza che Elisa ha incarnato dall’inizio alla fine. La voce di Anna mi arriva suadente, quasi. Comprendo a stento le parole e non riesco a pronunciarne, un singhiozzo caldo e inzuppato mi impedisce di parlare. Sono circondato dalla bellezza, le vestigia antiche delle mura romane, la magnificenza del Palazzo Reale, la Guglia cinematografica, il cannocchiale sull’urbanistica della città, bella e moderna, antica e contemporanea. Il giorno precedente l’avevo dedicato ad una passeggiata alla GAM, che ti accoglieva con una mostra monografica sulla Malinconia, il mio stato d’animo preferito (oggi), ma quanto avrà inciso nell’andare sin qui? È ancora un mistero, ma non più così fitto. Dipinti e sculture tra fine ‘800, ‘900 e oltre (Anself Kiefer gigantesco). Per poi farmi consolare dalla collezione completa della Galleria con la storica sezione di Arte Povera che ho tanto amato durante i miei sdruccioli studi: Anselmo Zorio, Pistoletto Penone e poi...grazie grazie Giulio Paolini. Elisa è all’origine della mia emozione per l’Arte. Mi vedo piccolo, ascoltare le sue affabulazioni: Vassilij Kandiskij è il primo grande amore con tutta l’energia della nascente arte astratta. Ma insieme al nuovo che spaccava, Elisa, era proiettata nel divenire con il suo surrealismo dipinto vissuto. Le segrete cartelle del “micio gay” dovevano rappresentare il corpus più ironico e tragico della sua produzione: chissà se le potremmo mai vedere. Mi vedo piccolo mentre mi porge i quattro fondamentali testi dell Storia dell’Arte di Giulio Carlo Argan, da leggere accanto alle pagine della Storia Sociale dell’Arte di Arnold Hauser. Sfogliavamo i manuali ed io scoprivo insieme all’arte contemporanea la drammatica forza dei Prigioni di Michelangelo e al tenerissima misericordia delle Madonne di Piero. Mi sentivo, senza capire, già proiettato in un mondo assoluto e subblime da cui non ci sarebbe stato ritorno. Ci eravamo affezionati agli incontri del mercoledì sera e del sabato pomeriggio nella miserella sede della biblioteca comunale di una Cologne analfabeta. Elisa ne era stata la promotrice e l’animatrice. I piccoli budget concessi erano fonte di confronti per l’acquisto dei testi più adatti ed anch’io potevo dire la mia grazie alla frequentazione delle lezioni di Lento Goffi all’Istituto tecnico: alla fine un perito metallurgico che ne sapeva di più del Dolce stil novo (...i mi son un che quando amor mi spira noto e da quel motto che ditta dentro vo significando...) che del diagramma ferro-cementite. Insieme al Sapegno avevamo acquistato la fondamentale Storia del Pensioero Filosofico e Scientifico di Ludovico Geymonat che tenevamo in bella evidenza, anche perchè i cartonati contenitori dei volumi servivano ad occultare i nostri piccoli conforti ( i mignon di Petrus il mercoledì, i futuristi Campari Soda il sabato), e Pina, complice, ci faceva anche credito. Ci eravamo affezzionati all’idea di libertà, conoscendone il prezzo. Avevamo maturato, ognuno per conto nostro l’idea di lasciare il nostro villaggio, la nostra famiglia, con quelle che erano allora ideee eccentriche: il vivere da soli, il convivere, niente di più irrituale. Già, “il rituale”.., che torna e conforta, che accoglie e cura... ma il sapore della libertà, che gioia, facile per Elisa.

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