Elisa Dama si forma al magistero d'arte di Tabusso, valente artista torinese nel cui ambiente, la nostra pittrice coglie essenziali suggerimenti di stile e di forma, nella suggestione di un simbolismo ...
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TESTIMONIANZE
Elisa non parlava molto di sé, non raccontava volentieri la sua vita, le sue esperienze (tranne le sue avventure-marachelle dei collegi di Bergamo). La dovevi intuire, carpire, cogliere in fretta perché lei era un libro che dovevi leggere ed interpretare trattenendo il respiro. Dovevi entrare nella sua spiritualità che, la sua sensibilità e riservatezza, custodiva gelosamente.
“te lo dico con la mente
dove nascono le idee e i sogni”
Estroversa in molteplici circostanze, aperta nella sua grande generosità verso gli altri, ma anche timida, rispettosa di una cultura dell’onestà e del rigore e ma interiormente libera, scevra a compromessi, conformismi, tradizioni, usi e costumi di una realtà non ancora pronta a decollare con l’anelito che portava dentro. Dalle poche biografie recuperate, dalle testimonianze orali, si evince una attività creativa ed estroversa molto intensa, generosa, in prima linea con le iniziative che si aprivano in paese. Non sempre compresa, talvolta criticata, ostacolata. Non poteva essere diversamente! Una realtà paesana laboriosa sì, potrebbe dirsi opulenta in quel periodo, ma piuttosto refrattaria alla cultura innovativa, al superamento degli atavici luoghi comuni, al nuovo che Elisa incarnava; che intimoriva, finanche allo sdegno dei “benpensanti”. Il clou dell’attività artistica, dal 1967 al 1990 ca. è prolifera; l’evoluzione produttiva si evince dalle sue opere a partire dalla scuola media, durante il liceo e a seguire fino a tutti gli anni ’80. “Quando dipingevo, imbrattando i piatti di casa, mia madre mi osservava in silenzio per ore; si sentiva musica, io mi sentivo protetta ma anche osservata e talvolta criticata, ma tutto in silenzio, bastava un celato sguardo di compiacenza o..dubbio per farmi correggere, migliorare, continuare. Tutto in silenzio!”
Probabilmente ognuna assorta nei propri pensieri, nei personali sogni! La famiglia di Elisa si può definire - una famiglia patriarcale. Nell’infanzia e preadolescenza Elisa, essendo la piccola di casa, è stata coccolata e sopportata nella sua vivacità creativa (es.: le capanne costruite nell’orto di casa con il copriletto bello di mamma, perché le formiche non si bagnassero in caso di pioggia). L’indipendenza precoce, il suo personalissimo Quid, la portava a prevaricare, talvolta, le sorelle maggiori. Nel menage familiare, l’acutezza e l’intuizione (una delle sue magnifiche peculiarità) già si facevano luce magari con qualche osservazione e/o definizione….(subito rintuzzata) su qualche futuro fidanzato delle sorelle. Il legame di Elisa con la famiglia è stato un “odi et amo” di catulliana memoria (quanto amava questo canto!); non è mai venuto meno, è perdurato fino alla fine con i risvolti cocenti che il canto rievoca.
Il nostro incontro è stato sul posto di lavoro, a scuola; già ci si vedeva qua e là, ma erano incontri occasionali. Lavorando insieme è nata l’opportunità di reciproci scambi e conoscenze e…. da cosa nasce cosa.
Inutile la dissertazione sui particolari delle prime fasi, sono luoghi comuni di collettiva esperienza. E...quindi si decide di condividere il futuro. Si apre un periodo proficuo di attività scolastica, di iniziative rese possibili dalla complementarietà assortita tra creatività e intuizione dell’una e pragmatismo e metodicità dell’altra.
..“fantasia e creatività, zuccheri per la vita”
È il periodo (80) del viaggio in India; che fermenti, che preparativi, quanti dubbi, quanti interrogativi! Comunque si parte. Descrivere l’emozione di quel viaggio è impossibile direi. È stato troppo bello, troppo toccante, troppo scioccante. Elisa, all’inizio, non voleva farsi trasportare dai risciò trainati da persone. È il loro lavoro, le dicevo, d’altra parte, altri mezzi di locomozione praticamente non esistevano. Abbiamo visitato il nord dell’India, il Nepal, il Kasmir e rinunciato al Pakistan, a Elisa bolliva il cervello. Potete immaginare il caldo, l’umidità, i monsoni, la pulizia, un po’ di fame (cura dimagrante assicurata). Però ogni giorno verso mezzogiono la fantasia ci aiutava, si prendeva l’aperitivo: un buon calice di bianco fermo e ghiacciato con qualche stuzzichino. Viaggio indimenticabile! Voleva ripeterlo; non ce l’ha fatta! Quel viaggio lasciò un segno indelebile in entrambe, soprattutto in Elisa che acquistò la carica per la sua terza personale dell’82;
basti la sua testimonianza in calce ad una sua opera:
“E’facile scalare una piccola montagna rossa,
difficile non ascoltare le strane voci;
se riesci hai trovato le porte del tempio”
Credo non vi sia null’altro da aggiungere!
Elisa continua a dipingere per soddisfazione personale o per omaggiare gli amici, quelli veri.
Il trasferimento da Brescia a Botticino è stato emblematico (‘88). Qualche collega la definì “la tana delle aquile”. Aquile non credo, ma tana, quasi. Sperduta, isolata, enorme nella dimensione e nel dover….fare! Elisa è entusiasta, anima e corpo è là. Vuole farsi la sua casa e ci è riuscita. Chi l’ha vista lo può testimoniare. Un’impresa per lei nuova ma stimolante anche se faticosa. Numerosi sarebbero gli aneddoti da raccontare, ma scadrei nel tediare il lettore anche perché ciò che vale e conta è che la realtà valorizza ed esalta Elisa, scevra di natura all’ostentazione, talvolta si vantava con ospiti, amici, parenti delle sue realizzazioni. E ne aveva ben donde!
Contemporaneamente la Scuola era un impegno importante, vitale per Elisa. Amata da alunni, diceva loro: “vi insegnerò a volare”, dai genitori, apprezzata dai dirigenti (Presidi all’epoca) ma, chissà un po’ meno dai colleghi (salve poche eccezioni). L’ultimo periodo è stato piuttosto pesante: la maturità professionale aveva acuito in lei il diniego dei luoghi comuni, delle pastoie del “si è sempre fatto così” del voler chiudere gli occhi sul rispetto delle regole, sul rispetto reciproco tra docente e discente, tra docente e docente, tra superiore e subalterno. La pulizia mentale di Elisa non tollerava il lassismo, l’ideologismo fine a se stesso e la sua schiettezza, a volte anche forte, si è scontrata con l’ottusità, meglio l’arroccamento ideologico (o sei con me o sei contro di me) ancora fervente in quegli anni post sessantotto. Quid prodest? Ma! Fondamentalmente credo per invidia, invidia pura per la personalità di Elisa, per la sua personalità di innovazione, ignoranza e paura per il messaggio di vero rinnovamento.
Elisa ne ha sofferto.
...“è costoso essere onesti,
mai quanto disonesti”
Cessata l’attività scolastica, continua l’attività (non remunerativa) botticinese con ristrutturazioni, coltivazioni e ….. fantasiose attività “..aggiungere un pizzico di follia ogni giorno...”
Supera il primo approccio alla malattia e seguono alcuni anni di relativa tranquillità. Qualche puntata a Lampedusa, Lanzarote e Fuerte Ventura (Canarie), Boavista (Cabo Verde). Nel 2005 realizza di getto la sua ultima opera “il diable del vulcano Timanfaya”.
Dopo il 2005 i viaggi lasciano il passo a meno forieri itinerari. Tuttavia...
Nel 2010 c’è il trasferimento a Cecina, dove Elisa amava vivere e godersi il mare tutto l’anno. Purtroppo il desiderio e il sogno si è interrotto pressoché all’inizio; la sua lotta lucida e tenace fino all’ultimo ha dovuto cedere il passo, nel settembre 2011, ad un definitivo trasloco!
Auspico che tutto questo mal scritto, ma detto con tutto il cuore, per quanti hanno conosciuto Elisa, hanno fruito e forse anche goduto della sua arte, dei suoi “scarabocchi”, a quanti le hanno voluto bene, serva a serbare nel tempo questo bene.
“LA VITA RIEMPIE GLI SPAZI”