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"Te lo dico con la mente dove nascono le idee e i sogni [Elisa Dama]"

TESTIMONIANZE

marzo
2014

...gli amici del bar Pinucciadon Giovanni Donni

Ringrazio per la possibilità di ricordare Elisa che conobbi a partire dalla mia presenza a Cologne come sacerdote addetto alla parrocchia e all’Oratorio (1966 - 1981). Ho letto e condivido quanto altri, che l’hanno conosciuta e apprezzata, hanno qui scritto di lei. Io a distanza di tanti anni mi chiedo che cosa era Cologne allora e come ci poteva vivere una ragazza come Elisa. Quei tempi (sono passati 50 o 500 anni?) si colorano sempre più di mistero per come li abbiamo vissuti, plasmati, imposti e anch’io al confronto mi trovo altra persona da quella che allora là aveva alcuni compiti. Ero giunto a Cologne dopo l’addestramento del Seminario che mi aveva abituato a vedere il mondo con gli occhi delle certezze di fede, delle consuetudini e preferenze pastorali, dello zoccolo di consenso intorno alle scelte ed orientamenti di una società clericale.
Era appena finito il Concilio, anche a Cologne molto declamato ma sconosciuto e ignorato nelle linee e proposte per i successivi decenni. Non accuso alcuno, perché ormai so quanto è difficile cambiare; ricordo però che facevo fatica ad adattarmi allo spirito di conservazione prevalente tra i responsabili della parrocchia (ma non solo) e che alimentavano i disagi dei giovani più preparati e attenti. L’esuberante don Sergio aveva lasciato assieme alla tradizione di una attività vulcanica, tracce di contrasto (in parrocchia e fuori); io ero giovane prete inesperto di tante cose, ma desideravo entrare in sintonia con i giovani e quindi ritenevo importante tradurre in scelte operose le linee del Concilio e superare contrasti e mancata comunicazione con chi era più ai margini della parrocchia.
Cologne allora attraversava un periodo di impetuosa crescita economica e occupazionale con aziende industriali e artigianali a contatto del mondo con le loro produzioni competitive. Di conseguenza molti colognesi conoscevano gli altri modi di vivere, ma quei segnali erano poco veicolati tra di noi, forse anche perché potevano innescare profonde, indesiderate e pericolose trasformazioni.
Nel paese esistevano strumenti capaci di produrre cultura sebbene timida e condizionata dalle cautele dell’ambiente. Ricordo i gruppi di musica (Banda e Corale), le scuole, la Biblioteca (venuta più tardi), i gruppi informali legati ai partiti e ai bar (Elisa frequentava gli amici del bar Pinuccia), ecc.
A Cologne era chiara la distinzione e il contrasto tra partiti: la sinistra PCI – PSIUP (dove agivano il Maestro e un impiegato OM); la DC (col cordiale, generoso sindaco rigido nell’ortodossia politica e religiosa); più avanti ebbero seguito e forza dialettica il PRI e altre formazioni. Col tempo si acuirono i contrasti tra le varie formazioni partitiche e in sinergia con la contestazione sociale più generale essi si ampliarono e tante cose si fecero più difficili.
I preti miei coetanei, il parroco don Borra, l’Azione Cattolica locale e alcuni imprenditori mi ritenevano filo comunista; altri mi classificavano di destra; io credevo di tenere un ragionevole distacco dalle parti e di cercare equilibrio, pur con una mentalità che risentiva dell’ambiente… Vai a capire come va il mondo! Certo oggi riconosco i miei limiti e incongruenze (di allora e di dopo…), e ritengo che su molte cose in tanti ci siamo agitati, forse senza senso e comunque rendendo un servizio poco utile ad una convivenza più positiva e costruttiva.
Con i ragazzi dell’Oratorio abbiamo visitato l’Europa (Svizzera, Francia, Germania, Olanda, Belgio…) cose allora del tutto nuove. Avevamo dato vita ad un Circolo culturale con mostre d’arte, rappresentazioni teatrali (della Loggetta, della Compagnia dell’Oratorio), spettacoli, concerti, cineforum, conferenze, scuola media serale di ricupero per adulti, inchieste… Il momento più critico e che scoperchiò il disagio dei giovani di Cologne fu la tempestosa assemblea del maggio 1969 sul tema “Cologne e i problemi dei giovani d’oggi”: da allora la contestazione entrò in tanti settori di vita del paese: io che avevo promosso l’incontro mi sentii perduto, severamente giudicato da influenti benpensanti. Don Borra fu tanto benevolo da non cacciarmi, come alcuni desideravano.
All’interno di quel mondo (che ho ricordato per linee sommrie e dal mio punto di vista) si muoveva Elisa: fresca di scuola e di ambienti molto evoluti (Bergamo allora era città assai viva), cresciuta in una famiglia tutta di donne (unico uomo il padre) e in mezzo a noi ultimi residui di un mondo in estinzione ma che non se ne accorgeva…
È stata anche troppo paziente con noi: non invasiva, ma i suoi occhietti davano forza e qualità agli interrogativi che esprimeva ora con passione, ora con incredulità che non fossero capiti.
Partecipò a molte attività dell’Oratorio: mostre d’arte, insegnamento volontario alla scuola media serale (per 5 anni), preparò il dibattito del maggio 1969, interveniva al Cineforum, partecipò ai viaggi all’estero. Ricordo quando nel Quartiere Latino di Parigi si atteggiò a barbone, sedendo in strada presso l’università della Sorbona a chiedere l’elemosina, mentre noi, nascosti in un angolo, godevamo uno spettacolo incredibile…
Quante discussioni e conversazioni su arte, religione, politica, aspetti significativi della vita e delle piccole cose di paese… Le sue parole ed osservazioni non mi lasciavano indifferente, non ne condannai idee, atteggiamenti che il mondo cattolico non accettava e anch’io talvolta vedevo con riserva. Mi rincresce di non averle manifestato quel bene che da prete dovevo avere con tutti e con lei, ma ero giovane, imbottito di riserve se non di pregiudizi. Qualche anno dopo mi disse che aveva incontrato persone più buone e sagge e ne fui contento.
È passata in mezzo a noi talvolta lieve e riservata, tal altra rumorosa o ironica: credo che in tanti abbiamo perso un’occasione di crescita tramite un leale confronto e sono sincero dicendo che ho rimpianti e ammirazione, ma ora sono passati quasi 5 secoli. Non ho sue fotografie ma la vedo nei segni dell’arte che ci ha lasciato e che segnalano un orizzonte più umano, fiducia nel bene, valori forse allora adombrati da scorze e fuggiti per le cateratte sul nostro cuore.
Nel 1981 mi donò un suo dipinto che tengo dove lavoro e mi ispira e suggerisce di cercare il fondo del cuore delle persone e così salire verso la meta che indica, sempre lontana, con tante difficoltà frammezzo e quasi irraggiungibile.
Quando scrissi l’ultima monografia su Cologne mi imposero di eliminare le note su persone che onoravano/onorano il paese perché erano … ancora vivi. Cara Elisa, caduto anche questo muro (un torto essere vivi?) e dopo un’altra occasione persa, finalmente si apre un dialogo gioioso, senza riserve e le tue opere indicano il tuo vero messaggio. Tutto ci immalinconisce, ma tu sorridici dal Cielo.

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