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"Te lo dico con la mente dove nascono le idee e i sogni [Elisa Dama]"

TESTIMONIANZE

marzo
2014

Un’artista a scuoladi Magda Biglia

Un’artista a scuola. Due mondi riuniti in uno, due mondi che da soli rappresentano gran parte della ricchezza di una società, racchiudono e tramandano il senso dell’uomo. Che cosa ci fa un’artista a scuola? Vi porta creatività, sensibilità, conoscenza. Riesce a scoprire le aspirazioni, i sogni, i talenti più vivi, a volte nascosti; può far fiorire il meglio dell’allievo, renderlo protagonista con gli strumenti dell’espressività. L’opera di un artista è sempre una confessione secondo Umberto Eco: lo studente impara ad aprire se stesso e a comunicare, si accorge di avere un’interiorità da raccontare.
Elisa, un’artista a scuola, estrosa di progettualità e disponibile a progetti condivisi, capace di captare, dare e ricevere, mai rinchiusa nella torre eburnea. Erano gli anni “eroici” in cui, giù dalla cattedra, ci si interrogava, in cui tutte le componenti scolastiche si sforzavano di soffiare su vecchia polvere per cercare inedìti luccichii. Erano gli anni delle sperimentazioni, gli anni delle ore che si allungavano, delle classi che si rompevano per diventare laboratori, dei docenti che si mescolavano per un sapere non parcellizzato, delle discipline che confluivano in atti formativi unitari. Gli anni degli aggiornamenti infiniti, del lavoro assieme, degli incontri e degli scontri, dell’innovazione didattica, della riflessione pedagogica, della partecipazione collettiva ad un processo di rinverdimento. Era il luogo per un’artista, il luogo di un’artista, Elisa. Se, come dice Vasco Rossi, un’artista vive sempre in fuga, non da sè e dalla realtà, ma dai posti di blocco del conservatorismo, dell’omologazione, dell’ipocrisia, un luogo per Elisa era quello, in quei tempi “eroici”. Non i tempi precedenti in cui gli insegnanti di disegno erano considerati di serie B, ma nemmeno i tempi più recenti di una riforma che ha cancellato la storia dell’arte da ogni programmazione. Elisa sapeva regalare fra i banchi, suscitare voglia di esplorazione, far brillare l’aspetto gioioso dell’imparare, ma senza essere la solita prof. buona della materia che conta poco. Voleva educare i giovani a tutto tondo, forti di linguaggi non univoci, di pensieri divergenti con competenze polivalenti.

“Dal segno alla scrittura, al disegno” si intitolava una progetto laboratoriale ideato con la sottoscritta, titolare dell’italiano nella terza F, a Rezzato circa trent’anni fa. Le parole giocavano con la propria immagine, centrando il bersaglio del significato. Con la loro sintesi stringente sono un piccolo esempio di quanto detto. Sembra semplice e banale, ma di quel lontano lavorìo qualcosa è rimasto in quei ragazzi e in tutto quanto è venuto dopo quegli anni. Anche se nelle scuole si perdono i prodotti in chissà quali meandri e nulla rimane in ingialliti archivi, scorre tuttavia un rivolo sotterraneo sempre vitale e pronto a riemergere. Di Elisa resta tanto: non si sa dove, quando e come, riaffiorerà qualcosa di suo. Perchè ciò che è fatto con amore non muore mai.

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